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.L'altra, che per materia t'è aperta,puote ben esser tal, che non si fallase con altra materia si converta.Ma non trasmuti carco a la sua spallaper suo arbitrio alcun, sanza la voltae de la chiave bianca e de la gialla;e ogne permutanza credi stolta,se la cosa dimessa in la sorpresacome 'l quattro nel sei non è raccolta.Però qualunque cosa tanto pesaper suo valor che tragga ogne bilancia,sodisfar non si può con altra spesa.Non prendan li mortali il voto a ciancia;siate fedeli, e a ciò far non bieci,come Ieptè a la sua prima mancia;cui più si convenia dicer 'Mal feci',che, servando, far peggio; e così stoltoritrovar puoi il gran duca de' Greci,onde pianse Efigènia il suo bel volto,e fé pianger di sé i folli e i savich'udir parlar di così fatto cólto.Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:non siate come penna ad ogne vento,e non crediate ch'ogne acqua vi lavi.Avete il novo e 'l vecchio Testamento,e 'l pastor de la Chiesa che vi guida;questo vi basti a vostro salvamento.338 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________Se mala cupidigia altro vi grida,uomini siate, e non pecore matte,sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!Non fate com' agnel che lascia il lattede la sua madre, e semplice e lascivoseco medesmo a suo piacer combatte!».Così Beatrice a me com' ïo scrivo;poi si rivolse tutta disïantea quella parte ove 'l mondo è più vivo.Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiantepuoser silenzio al mio cupido ingegno,che già nuove questioni avea davante;e sì come saetta che nel segnopercuote pria che sia la corda queta,così corremmo nel secondo regno.Quivi la donna mia vid' io sì lieta,come nel lume di quel ciel si mise,che più lucente se ne fé 'l pianeta.E se la stella si cambiò e rise,qual mi fec' io che pur da mia naturatrasmutabile son per tutte guise!Come 'n peschiera ch'è tranquilla e puratraggonsi i pesci a ciò che vien di foriper modo che lo stimin lor pastura,sì vid' io ben più di mille splendoritrarsi ver' noi, e in ciascun s'udia:«Ecco chi crescerà li nostri amori».E sì come ciascuno a noi venìa,vedeasi l'ombra piena di letizianel folgór chiaro che di lei uscia.Pensa, lettor, se quel che qui s'inizianon procedesse, come tu avrestidi più savere angosciosa carizia;339 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________e per te vederai come da questim'era in disio d'udir lor condizioni,sì come a li occhi mi fur manifesti.«O bene nato a cui veder li tronidel trïunfo etternal concede graziaprima che la milizia s'abbandoni,del lume che per tutto il ciel si spazianoi semo accesi; e però, se disiidi noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».Così da un di quelli spirti piidetto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dìsicuramente, e credi come a dii».«Io veggio ben sì come tu t'annidinel proprio lume, e che de li occhi il traggi,perch' e' corusca sì come tu ridi;ma non so chi tu se', né perché aggi,anima degna, il grado de la sperache si vela a' mortai con altrui raggi».Questo diss' io diritto a la lumerache pria m'avea parlato; ond' ella fessilucente più assai di quel ch'ell' era.Sì come il sol che si cela elli stessiper troppa luce, come 'l caldo ha rósele temperanze d'i vapori spessi,per più letizia sì mi si nascosedentro al suo raggio la figura santa;e così chiusa chiusa mi rispuosenel modo che 'l seguente canto canta.CANTO VI340 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________[Canto VI, dove, nel cielo di Mercurio, Iustiniano imperadoresotto brevità narra tutti li grandi fatti operati per li Romani sottola 'nsegna de l'aquila, da l'avvenimento di Enea in Italia infino altempo di Longobardi; e alcune cose si dicono qui in laude diRomeo visconte del conte Ramondo Berlinghieri di Proenza.]«Poscia che Costantin l'aquila volsecontr' al corso del ciel, ch'ella seguiodietro a l'antico che Lavina tolse,cento e cent' anni e più l'uccel di Dione lo stremo d'Europa si ritenne,vicino a' monti de' quai prima uscìo;e sotto l'ombra de le sacre pennegovernò 'l mondo lì di mano in mano,e, sì cangiando, in su la mia pervenne.Cesare fui e son Iustinïano,che, per voler del primo amor ch'i' sento,d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.E prima ch'io a l'ovra fossi attento,una natura in Cristo esser, non piùe,credea, e di tal fede era contento;ma 'l benedetto Agapito, che fuesommo pastore, a la fede sincerami dirizzò con le parole sue.Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era,vegg' io or chiaro sì, come tu vediogni contradizione e falsa e vera.Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,a Dio per grazia piacque di spirarmil'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;e al mio Belisar commendai l'armi,341 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________cui la destra del ciel fu sì congiunta,che segno fu ch'i' dovessi posarmi.Or qui a la question prima s'appuntala mia risposta; ma sua condizionemi stringe a seguitare alcuna giunta,perché tu veggi con quanta ragionesi move contr' al sacrosanto segnoe chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.Vedi quanta virtù l'ha fatto degnodi reverenza; e cominciò da l'orache Pallante morì per darli regno.Tu sai ch'el fece in Alba sua dimoraper trecento anni e oltre, infino al fineche i tre a' tre pugnar per lui ancora.E sai ch'el fé dal mal de le Sabineal dolor di Lucrezia in sette regi,vincendo intorno le genti vicine [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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